lo sapevate che!!!!

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    riscrivo il tutto spiegandolo con parole mie evitando problemi.
    provo a scriverlo piu chiaro di quelo che era prima. :grazie:

    Edited by wiki1968 - 15/11/2011, 20:26
     
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    Amico

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    Speriamo sia una bufala ma, guardando un pò sul web, non sembrerebbe.............. :wacko: :blink: :cry:
     
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    Un fungo porcino sarebbe un vero 'divoratore' di radioattività
    la scoperta, fatta nell'ambito delle ricerche del dopo Cernobyl, ha evidenziato la predilezione di questo fungo per il cesio 137. Un rischio per l'alimentazione, ma una speranza per la decontaminazione dei terreni.

    Uno dei funghi più diffusi soprattutto in Francia, il 'porcino baio' (quello col cappello rosso, come nelle illustrazioni delle favole), conterrebbe un pigmento che 'si nutre' di cesio 137, prodotto radioattivo che finisce sul terreno soltanto dopo un incidente come quello di Cernobyl nel 1986.

    Se la notizia non farà piacere agli amanti dei funghi, la scoperta di alcuni scienziati francesi servirà per 'decontaminare' i terreni radioattivi.
    Dopo l'esplosione di Cernobyl, con la nube che passò su mezza Europa, Francia compresa, i funghi furono fra i principali prodotti finiti nel mirino dei misuratori di radioattività. Erano infatti, fra tutti i vegetali, quelli che più trattenevano il cesio 137.

    Dopo 16 anni, la radioattività nei porcini bai resta stranamente elevata, anche se non a livelli rischiosi per l'uomo. Finora questa anomalia veniva spiegata con la grande capacità dei funghi di catturare, nel suolo, il cesio che si trova nelle materie organiche di cui si nutrono.

    Ora, per la prima volta, un gruppo di chimici dell'università 'Louis-Pasteur' di Strasburgo, guidati dalla ricercatrice Anne-Marie Albrecht-Gary, ha identificato una molecola direttamente coinvolta nel processo di fissazione del cesio 137, il normadione A. Si tratta della stessa molecola che produce la colorazione tipica al cappello del fungo e che sarebbe una straordinaria divoratrice di cesio 137 che trova non solo nel terreno ma nell'atmosfera.

    La scoperta, negli auspici degli scienziati, potrà essere direttamente utilizzata nella preparazione di nuovi metodi di decontaminazione dei terreni inquinati dalla radioattività.
     
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    Uno studio americano conferma l'intuizione di Einstein:
    il tempo scorre più velocemente se si sale in quota.

    Vivere all'ultimo piano di un grattacielo in una bella città assicura uno skyline inimitabile, ma fa invecchiare più velocemente. Lo dimostra l'ultima ricerca scientifica di due fisici americani del National Institute of Standards and Technology (Nist) di Boulder, Colorado, pubblicata sulla rivista Science. Lo studio ha confermato una delle intuizioni che ebbe Einstein con la teoria della relatività: il tempo scorre più velocemente se si sale in quota.

    VERITÀ SCIENTIFICA - Il suddetto teorema è accettato dalla comunità scientifica da anni, ma solo adesso gli studiosi sono riusciti a dimostrarlo con una disarmante precisione. I fisici infatti hanno usato i due orologi atomici più precisi che esistono oggi al mondo e che si trovano in due laboratori del Nist. I super-cronometri, che sono talmente puntuali da andare indietro di un secondo ogni 3,7 miliardi di anni, sono stati connessi da un cavo in fibra ottica di 75 centimetri di lunghezza. A una distanza di altitudine di soli 33 centimetri, l'orologio atomico più in alto avanza un po' più rapidamente. Naturalmente l'avanzamento del tempo è infinitesimale e impercettibile all'uomo, ma è indubbio. Secondo i dati diffusi dal ricercatore James Chin-Wen Chou, a una distanza di appena due gradini nel corso di una vita di 79 anni, la persona che si trova più in alto invecchia 90 miliardesimi di secondo in più rispetto a quello che sta più in basso. Se poi uno dei due poi vive al centoduesimo piano dell'Empire State Bulding l'invecchiamento diventa maggiore: la differenza sarà di 104 miliardesimi di secondo.

    FORZA DI GRAVITÀ - L'esperimento dimostra che gli orologi ad altitudine più elevata corrono più velocemente perché sono soggetti a meno forza di gravità. Ma come dimostrano le cifre, questo fenomeno, chiamato "dilazione gravitazionale del tempo" non incide affatto sulla vita dell'uomo: «La differenza è impercettibile per gli esseri umani, ma può fornire applicazioni pratiche in geofisica e in altri campi» dichiara al Daily Telegraph un portavoce del Nist. Per adesso i calcoli degli studiosi saranno usati per migliorare la tecnologia applicata alla misurazione della superficie della Terra e nel campo gravitazionale.
     
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    macchina fotografica con radioattività

    A questo indirizzo www.orau.org/PTP/collection/consumer%20products/consumer.htm troverete un elenco di
    oggetti di uso comune che sono radioattivi
     
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    a voi appassionati di fotografia occhio al vostro obbiettivo potrebbe essere radiattivo controllate se il vostro compare in questo misero elenco.

    Asahi super takumar v1 35mm f2


    Asahi s-m-c takumar 35mm f2


    Asahi s-m-c takumar 50mm f1.4


    Asahi s-m-c takumar macro 50mm f4


    Asahi s-m-c takumar 85mm f1.8


    Asahi takumar 80mm f1,8


    Canon fd 35mm f2


    Canon fd 55mm f1.2 asferico (era presente una lente trattata solo sulla prima versione e non su quella marcata S.S.C aspherical)


    Canon fl 58mm f1.2


    Canon FL 50mm f/1,8

    Carl Zeiss Jena Pancolar 55mm f1.4


    Carl Zeiss Jena Biometar p6 80mm f2.8 (zebrato)


    Tomioka Yashinon 55mm f1.2


    Voigtlander 36-82mm f2,8 Zoomar






     
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    lunedì 25 febbraio 2008di Luca Annunziata
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    Cellule sballate dal GSM
    Uno studio finlandese dimostra che i cellulari alterano le funzioni cellulari. Se questo sia un bene o un male, avvisano gli scienziati, è presto per dirlo
    Roma - L'esposizione alle onde elettromagnetiche prodotte da un cellulare GSM causa una variazione apprezzabile nella sintesi delle proteine all'interno delle cellule dell'epidermide. Questo il risultato di uno studio condotto da un team di quattro ricercatori finlandesi su dieci volontarie, sottopostesi ad una esposizione localizzata sull'epidermide del braccio e ad una successiva biopsia per studiare la reazione delle cellule.

    Ai fini dello studio, gli scienziati hanno "illuminato" il braccio destro delle pazienti per un'ora con onde da 900MHz, allo scopo di simulare una lunga conversazione telefonica. La quantità di energia assorbita (SAR) è stata fissata a 1,3W/kg, vale a dire inferiore ai 2W/Kg fissati come limite di sicurezza suggerito dalla International Commission on Non-Ionizing Radiation Protection (ICNIRP).

    Su tutte le volontarie è stata poi eseguita una doppia biopsia, prelevando un campione di epidermide da entrambe le braccia. Le successive analisi di laboratorio hanno evidenziato, tra le oltre cinquecento proteine identificate, un mutamento nella quantità di almeno otto di esse prodotte nelle cellule irraggiate. In almeno due casi, la quantità prodotta era mutata in modo simile in tutte e dieci le pazienti, mentre per le altre sei proteine i risultati non sono stati omogenei.

    Secondo gli scienziati è ancora presto per sostenere una possibile minaccia per la salute dell'uomo. La variazione nell'espressione (produzione) di una proteina non è di per sé un fattore di rischio, sebbene indichi una certa sensibilità dell'epidermide all'esposizione alle onde elettromagnetiche.

    Per gli studiosi si renderebbe ora necessario procedere ad un approfondimento della ricerca, che analizzi una quantità più ampia di volontari e approfondisca le possibili conseguenze fisiologiche della variazione di produzione per le proteine individuate.

    In passato, lo stesso gruppo di ricercatori aveva rilevato variazioni simili in esperimenti condotti in vitro. Risultati rivelatisi omogenei con quelli ottenuti in questo studio.

    Luca Annunziata
     
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    La Bielorussia gioca una carta estrema per liberarsi dall’eredità di Chernobyl.

    Vuole smettere di coltivare cibo sulle terre contaminate 22 anni fa dall’esplosione della centrale nucleare, cioè su larga parte del suo territorio.

    Le piante infatti assorbono dal terreno gli isotopi radioattivi; se vengono ingerite, li trasportano nei corpi delle persone.

    Si produrranno invece biocarburanti. Bisognerà adottare accorgimenti per eliminare la radioattività dal prodotto finito. Ma è possibile, dicono.

    L’esplosione di Chernobyl ha sparso radionuclidi su mezza Europa. In particolare, la Bielorussia ha ricevuto l’80% del fall out radioattivo.

    Però su quei terreni si coltiva cibo, la gente lo mangia ed ingerisce anche cesio 173 e stronzio 90, che impiegheranno secoli prima di sparire.

    Il progetto per abbandonare le colture alimentari su 50.000 chilometri quadrati – un quarto dell’intero territorio nazionale – è stato illustrato da un diplomatico ad una conferenza svoltasi a Bruxelles.

    Si semineranno mais, colza, barbabietole da zucchero, che verranno trattati in impianti in grado di ricavare 550 milioni di litri di biocarburante all’anno.

    Bisognerà badare a non lasciare gli scarti vegetali sul terreno – contengono isotopi che tornerebbero nel suolo – e si dovranno usare, durante la produzione del biocarburante, tecnologie in grado di filtrare la radioattività.





    Il processo lascerà dietro di sè una certa quantità di rifiuti radioattivi, che poi andranno smaltiti con le cautele e le difficoltà del caso.

    Il Governo bielorusso è intenzionato a far partire subito il progetto. Si calcola che il terreno tornerà pulito solo dopo che per 20-40 anni la vegetazione avrà assorbito cesio e stronzio senza più renderli al suolo.

    Un pensiero alle persone che finora hanno mangiato cibi contaminati. In linea generale i biocarburanti sottraggono cibo agli uomini per darlo ai serbatoi delle auto e hanno causato il 75% del rincaro dei generi alimentari: ma data la situazione disastrosa della Bielorussia e della sua gente stavolta non mi sembra proprio il caso di sottolinearlo :angry: :angry: :angry: :no: :no: :no: :angry:
     
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    COME VIVE UN PAESE CONDANNATO DALLA MORTE ATOMICA
    Il 26 aprile 1986 l'incidente al reattore quattro della centrale nucleare di Cernobyil, Ucraina. La nuvola radioattiva fece il giro del mondo. In particolare, si abbattè sulla Bielorussia. Nove anni dopo, il Paese ne soffre ancora le conseguenze: sono in aumento gli alcolizzati, i bambini orfani o abbandonati, nei prossimi venti anni moriranno più di quindici milioni di persone in seguito alle radiazioni. E della spirale non si vede la fine: sono contaminati i boschi, i pascoli, i campi. La popolazione è povera, vive dei prodotti della propria terra e beve l'acqua dei propri pozzi. Gli ospedali non hanno attrezzature n‚ medicinali. E la centrale di Cernobyil, in condizioni critiche, è ancora attiva Su sei bambini che nascono solo uno riesce a sopravvivere. Almeno ottocentomila bambini rischiano di ammalarsi di una vasta gamma di malattie correlate agli effetti della radioattività, dai tumori alla leucemia, ad un calo generale delle naturali difese immunitarie dell'organismo. Il governo bielorusso prevede quindici milioni di morti nei prossimi vent'anni a causa delle conseguenze dell'incidente. Le condizioni di vita in Bielorussia, a nove anni dall'esplosione del reattore quattro della centrale nucleare di Cernobyil, diventano ogni giorno più precarie, specialmente nelle campagne: famiglie numerose vivono in case di legno malsane, di pochi metri quadrati, prive di acqua corrente, di servizi igienici o di qualsiasi altro "comfort". Con un reddito di pochi dollari al mese. Queste famiglie non possono permettersi di comprare cibo pulito, proveniente dall'estero, e mangiano quindi il prodotto dei propri orti, bevendo l'acqua dei propri pozzi là dove terreno e falde acquifere resteranno contaminate per almeno altri vent'anni nel caso del cesio, ma per più di ventiquattromila nel caso del plutonio. La percentuale di alcolizzati è in aumento, così come quella di bambini orfani e abbandonati. Nonostante la centrale di Cernobyil sorga in territorio ucraino, la maggior parte del fallout, ovvero la ricaduta di sostanze radioattive, è avvenuta in Bielorussia. Il ventitrè per cento dei territori della repubblica sono compromessi in modo grave, contro il 4,8 di quelli dell'Ucraina e dello 0,5 della Russia. In queste zone la concentrazione di "curie" per chilometro quadrato supera di gran lunga le misure minime di sicurezza (1 curie/kmq è considerata già una concentrazione a rischio); in Bielorussia, su una superficie di ben 2.200 chilometri quadrati su un totale 236.000, questa soglia raggiunge i 40 curie per kmq. E ci sono luoghi dove si raggiungono persino i cento curie. Il venti per cento del patrimonio boschivo bielorusso (1,3 milioni di ettari) è contaminato; ciò vuol dire che i boschi, filtri naturali nel ritenere aerosol radioattivi, sono diventati grandi serbatoi e concentratori di sostanze radioattive. Ma anche 257.000 ettari di terreno agricolo, nelle regioni di Gomel e di Mogilev, sono inutilizzabili e un'area di dimensioni analoghe è di fatto inabitabile. Anche sul fronte dell'allevamento e del pascolo le conseguenze si sono fatte sentire: sugli animali si sono sviluppate le stesse patologie che stanno subendo gli uomini, compromettendo l'intera catena alimentare della Bielorussia, dove il consumo di cibi contaminati continua senza possibilità d'alternativa. I casi di nanismo, di ermafroditismo, alterazioni ai genitali, malformazioni agli organi interni, pubertà precoce e persino la comparsa di mestruazioni nelle bambine di due anni sono le piaghe che colpiscono ancora oggi i nostri neonati - ha spiegato ad "Avvenimenti" la dottoressa Klavdija Radyuk, primo pediatra endocrinologo del ministero della Sanità della Repubblica bielorussa; le alterazioni genetiche nei bambini sono aumentate e le loro difese immunitarie si sono sensibilmente ridotte. Da allora le cose sono rimaste sostanzialmente invariate, anzi la sensazione è che il peggio debba ancora venire. Fino al 91 le autorità sovietiche negavano la gravità della vicenda; le questioni sanitarie non solo non venivano divulgate, ma neppure affrontate al proprio interno. All'indomani dell'incidente, solo 24.700 persone furono fatte evacuare, ma ancora due milioni e seicentomila bielorussi, un quinto dell'intera popolazione, vivono nelle zone più a rischio. Solo a voler considerare i casi di tumore alla tiroide, che per lo più colpiscono i bambini, l'incidenza su centomila è salita dal 1991 ad oggi da 4 a 5,7. I bambini colpiti genericamente da tumori maligni è del 10,8 per cento fra i 10 e 14 anni, del 14 per quelli da 5 a 9 anni e del 15,2 da zero a 4 anni. Durante il loro ultimo viaggio in Bielorussia i responsabili di Festambiente hanno incontrato il professor Demidtchik, oncologo di fama mondiale, al quale hanno consegnato farmaci antitumorali e suture. Nel reparto di Demidtchik - racconta Angelo Gentili, coordinatore del progetto Cernobyil di Legambiente - sono ricoverati bambini affetti da tumore tiroideo operati più volte a distanza di poco tempo per l'aggressività della patologia tumorale. In questo caso la correlazione scientifica tra tumore tiroideo e contaminazione radioattiva è ampiamente dimostrata. Ma tutto questo si inserisce in una situazione di gravissima crisi economica e di carenza di attrezzature e medicinali in tutti gli ospedali. Uno dei più grossi problemi che il Paese deve infatti affrontare è quello di far fronte a una galoppante crisi economica, in conseguenza della quale mancano i soldi per acquistare anche le più banali attrezzature mediche. In uno degli ospedali di Minsk - continua Gentili - il primario ci ha riferito che ogni giorno dovrebbero essere ricoverati cinquanta bambini, ma non vengono accolti per mancanza di medicine e di posti letto. I medici bielorussi attendevano con ansia il nostro arrivo perchè, a causa della mancanza di fondi da parte dello Stato, sono costretti a dipendere dagli aiuti umanitari internazionali. In Bielorussia la popolazione è allo stremo, e vive ancora sotto l'incubo della centrale di Cernobyil, tutt'oggi funzionante. Anzi, nelle settimane scorse le autorità ucraine hanno ammesso di avere seri problemi nel mantenere il sarcofago di cemento armato che racchiude i resti, pericolosissimi, del quarto reattore. La struttura è in uno stato preoccupante e non è stata progettata per resistere a scosse sismiche. A dirlo è il consorzio "Alliance", formato da sei ditte inglesi, francesi e tedesche, incaricato dalla Commissione europea di procedere a uno studio di fattibilità per il consolidamento del sarcofago esistente e la costruzione di una seconda armatura di contenimento delle radiazioni a Cernobyil. Secondo le conclusioni della prima fase dello studio, presentata in marzo a Kiev a un gruppo di esperti europei, ®l'analisi delle scorie nucleari contenute nel sarcofago attuale conferma il loro alto livello di radioattività, con un tempo di decadimento che può essere cifrato a decine di migliaia di anni. In queste condizioni, un nuovo sarcofago che non fosse concepito per permettere lo smantellamento (detriti radioattivi, ndr) avrebbe, a termine, solo l'effetto di diventare esso stesso un nuovo detrito radioattivo. In parole povere, il nuovo sarcofago dovrebbe essere una specie di cappa a tenuta stagna all'interno della quale operare, magari con dei robot, per smantellare e bonificare ciò che resta dell'unità esplosa. Secondo un articolo apparso in grande evidenza sul settimanale inglese "The Observer" il 26 marzo scorso, il contenuto del rapporto della "Alliance" alla Commissione europea sarebbe ben più allarmante. Nel sarcofago vi sarebbero settecentoquarantamila metri cubi di scorie radioattive, dieci volte più del previsto; e le strutture stesse del sarcofago non sarebbero affatto a tenuta stagna, ma disseminate di crepe che danno luogo a perdite rilevanti. La cosa più grave, però, è che il cosiddetto "blocco B" potrebbe crollare in qualunque momento, perch‚ l'esplosione del reattore quattro ha gravemente danneggiato i supporti della costruzione, che oggi devono resistere a sollecitazioni cinque volte maggiori di quelle previste originariamente, e il crollo potrebbe coinvolgere anche il reattore tre, ancora attivo, con conseguente rilascio di materiale radioattivo. Una conferma di quanto la comunità scientifica internazionale denuncia da anni. Mancano i soldi, però: il governo ucraino non ha i milioni di dollari necessari alla chiusura della centrale, oggi di fatto unica fonte energetica del Paese. La verità è che non hanno neanche i soldi per mantenere un adeguato sistema di sicurezza, spiega Giuseppe Onufrio, responsabile della campagna energia di Greenpeace.Gli ucraini tornano a chiedere l'aiuto della comunità internazionale almeno una volta l'anno, quando ci si ricorda di loro in occasione dell'anniversario di Cernobyil. Il problema è che si rischia di dar loro degli aiuti per mantenere comunque l'uso dell'energia nucleare e mantenendo ad un tempo i rischi ad essa connessa. Come Greenpeace abbiamo commissionato all'Oko Institute uno studio che ha dimostrato come si possa ricostruire il piano energetico dell'Ucraina abbandonando il nucleare. Ma la questione nucleare è un problema assai serio per tutti i Paesi dell'ex-blocco sovietico le cui centrali (a detta della stessa Agenzia internazionale per l'energia atomica, che non può essere tacciata di anti-nuclearismo) versano in una condizione di alto rischio. N‚ le Cernobyil possibili sono limitate ai territori ex-sovietici, come la mappa di queste pagine illustra. I rischi di questa forma di energia vanno ben al di là dei confini geografici, e comunque, come ha scritto recentemente lo studioso Ignacy Sachs, ben al di là di quanto qualunque conteggio costi-benefici sia abilitato a fare.

    Fonte: Avvenimenti
     
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    La tratta della plastica
    di Giorgio Mottola - 12/08/2010

    Fonte: Terra
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    Claudia Salvestrini, direttrice del consorzio Polieco, racconta come i cinesi hanno conquistato il mercato italiano dei rifiuti, che partono come scarto verso la Cina e ritornano in Europa come merce.
    Rifiuti che scompaiono e riappaiono magicamente in Cina. Si trasformano in giocattoli, occhiali da sole, flaconi farmaceutici, bottiglie di plastica e fanno il loro ritorno, da merce, tra gli scaffali dei supermercati occidentali. Ci sono broker cinesi che da anni girano l’Italia a caccia di plastica. Acquistano i rifiuti di polietilene delle grandi aziende per conto di imprenditori del gigante asiatico. Pagano molto bene: gli scarti industriali sono la loro materia prima. È come se importassero petrolio. Una volta arrivato in Cina, il materiale vive una seconda vita grazie a impianti di riciclaggio dove il processo di sterilizzazione è una formalità che rimane solo scritta su carta. E i rischi sono a volte altissimi. I cinesi lo scorso anno hanno esportato in Germania buste di plastica radioattiva: il polietilene, con cui erano state fabbricate, aveva rivestito balle di uranio e nel processo di rigenerazione non era stato adeguatamente trattato.

    La storia inizia nel 2001. In quell’anno si è verificata un’improvvisa penuria di scarti di plastica. Dal punto di vista della produzione industriale, però, non si era registrato alcun calo. La quantità di polietilene prodotto e immesso sul mercato era più o meno la stessa degli anni precedenti. Eppure erano state conferite agli impianti di riciclaggio molte meno di tonnellate di rifiuti rispetto agli anni precedenti. In una fase acuta di emergenza che attraversava la Campania e altre regioni, gli imprenditori italiani della rigenerazione della plastica si sono trovati costretti a comprare l’immondizia all’estero. A molti è venuto qualche sospetto.

    Claudia Salvestrini direttrice del consorzio Polieco, che si occupa dello smaltimento del polietilene, ha cominciato a indagare: «Non riuscivamo a capire che fine facessero i rifiuti. Il materiale veniva venduto, ma non trovavamo più lo scarto», spiega Salvestrini, che per il suo impegno sul traffico illegale dell’immondizia è stata premiata da Legambiente nell’ambito della rassegna Festambiente a Grosseto. Poi l’arcano è stato svelato: «La via della plastica era diventata cinese. Veniva spedita via mare e non con la denominazione di rifiuto, bensì come merce, materia prima. Questo ci obbligava a porci seri problemi rispetto a come questi rifiuti venivano trattati e soprattutto che fine facevano». A partire dal 2005, Claudia Salvestrini fa quindi una serie di viaggi in Cina e visita gli impianti che rigenerano gli scarti di polietilene provenienti dalle aziende europee. La maggior parte si trova nella regione del Fujian, «in un unico villaggio ho contato oltre tremila di questi impianti». La produzione è intensiva, i cinesi hanno un bisogno disperato di materia prima per la loro industria.

    «Per questo – spiega la direttrice del Polieco - sono disposti a pagare dei prezzi elevatissimi per avere la nostra spazzatura. La selezione dei rifiuti, che a noi pone problemi immensi, per loro è semplicissima vista la grande disponibilità di manodopera a basso costo». Per aggirare i controlli, nascono in continuazione nuove tratte. Le navi con il cargo di rifiuti, nel loro tragitto verso la Cina fanno uno o più scali: Slovenia, Dubai, Hong Kong. I carichi e le bolle di accompagnamento dei container si trasformano durante il percorso. Nell’affare sono entrati da anni i clan della camorra. Famiglie storiche come quelle dei Licciardi, dei Mallardo o dei Giuliano fin dalla fine degli anni Ottanta hanno organizzato dal porto di Napoli, e più di recente da quello di Salerno, la tratta cinese della monnezza via mare. Rispetto al traffico della plastica, il problema più grande è rappresentato dalle condizioni in cui il processo di rigenerazione si svolge.

    «In uno di questi impianti (raffigurato nelle foto in alto, ndr), la plastica viene macinata in grossi vasconi e mescolata con dei forconi. Durante il trattamento non viene utilizzato alcun detersivo, ma solo acqua fredda. Il materiale quindi rimane sporco. Ci hanno detto che quella plastica era destinata alla fabbricazione di suole di scarpe, ma abbiamo scoperto che veniva usata anche per contenitori per il miele». Queste modalità di lavoro riguardano migliaia di altri impianti. E con il polietilene, in molti casi contaminato, viene poi prodotta la merce che arriva in Europa e negli Usa: spazzolini da denti, biberon, buste, giocattoli, bicchieri, piatti e tutto ciò che è a base di plastica.

    «Bisogna intensificare la collaborazione tra autorità italiane e cinesi, che da tempo si sono rese disponibili. La realtà asiatica non è solo rappresentata da situazioni di ingestibile illegalità. A Settembre, alla convention che abbiamo in programma a Ischia porterò numerose aziende cinesi, leader nel settore del riciclaggio che lavorano bene come quelle italiane. Molte ombre infatti nel settore le abbiamo anche in Italia». Più volte Salvestrini ha denunciato la penetrazione della criminalità negli impianti della Penisola, «da Nord a Sud, con ben poche differenze».

    Più volte è stata sentita dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulle Ecomafie. Per questo ha subito intimidazioni e minacce di morte, ma non ha perso il piglio polemico: «Come mai solo il nostro consorzio ha fatto le denunce? Da parte del Conai (il Consorzio Imballaggi) non è mai giunta alcuna segnalazione. È possibile che soltanto la Polieco si rende conto di certe situazioni?».

    Tante altre notizie su www.ariannaeditrice.it

     
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    http://camerapedia.wikia.com/wiki/Radioactive_lenses
    questo link parla di ottiche radioattive
     
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    scapare subito da questi posti guardate qui!!!
     
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    Il latte ha una scadenza.

    Il latte scaduto non venduto viene mandato di nuovo al produttore che PER LEGGE può effettuare di nuovo il processo di pastorizzazione a 190 gradi e rimetterlo sul mercato. Questo processo PER LEGGE può essere effettuato fino a 5 VOLTE.

    Il produttore è obbligato a indicare quante volte è stato effettuato il processo, e in effetti lo indica, ma a modo tutto suo, nel senso che chi si è mai accorto che il latte che sta bevendo è scaduto e ribollito chissà quante volte?Il segreto è guardare sotto il tetrabrick e osservare i numerini

    Ci sono dei numeri 12345. Il numero che manca indica quante volte è scaduto e poi ribollito il latte.


    ES: 12 45 manca il “tre”: scaduto e ribollito 3 volte.


    Ma non finisce qui, perché in uno scatolo da 12 buste ci saranno alcune buste dove manca il numero e altre dove ci saranno tutti i numeri. Attenzione tutto lo scatolone avrà ricevuto questo trattamento. In questo modo le aziende si arricchiscono, riciclando di fatto il latte scaduto, e chi ne paga le conseguenze siamo noi che di fatto beviamo acqua sporca

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    Amico

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    Mi sà che è una bufala........! :patt:
    http://www.altroconsumo.it/latte-latticini...ile-s168243.htm
     
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25 replies since 4/1/2011, 10:52   979 views
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